venerdì 20 marzo 2015

Carissimo Maigret, Mon Cher Montalbano - Sky Arte

Questi giorni, Sky Arte trasmette un piacevolissimo dialogo tra Andrea Camilleri, creatore del Commissario Montalbano, e John Simenon, figlio del grande Georges, padre di Maigret. All'interno di casa Camilleri, o almeno così pare, i due affrontano svariati argomenti che caratterizzano l'universo poliziesco: John descrive l'arte del padre, i motivi che lo hanno spinto a smettere di scrivere polar per poi ricominciare, rammenta ricordi d'infanzia e di gioventù, e giudica l'opera del padre alla luce dell'incredibile popolarità contemporanea dei suoi testi, di cui probabilmente Georges sarebbe stupefatto.
Camilleri, sempre straordinariamente lucido e coerente, esalta il proprio amore per l'autore belga, ricorda i primi passi nel mondo della televisione (con la serie televisiva) e del poliziesco, parla di Zingaretti e Gino Cervi, i suoi traduttori e la sua lingua, come si è modificata nel corso del tempo, e di tanto altro.
Nel mezzo di questo delizioso dialogo fuoriescono frasi quantomeno discutibili (Simenon come inventore del "romanzo poliziesco europeo"), che rientrano nella logica con cui Camilleri considera il genere poliziesco (una gabbia, in cui ci si può muovere quasi con difficoltà), logica che io, umilmente, amando l'autore, non condivido, e che anzi ritengo responsabile di una certa decadenza letteraria degli ultimi romanzi. Ma il mio pensiero - quando un romanzo poliziesco diventa inconcludente nel suo intreccio, è inevitabile che si trasformi in un romanzo meno potente e convincente - non conta. Se potete, guardatevi questo piccolo gioiello: dura una mezz'ora, e piacerà sia agli amanti di Simenon che a quelli di Camilleri.

sabato 7 marzo 2015

All But Impossible (1981) a cura di Edward Hoch - La prima lista delle migliori camere chiuse di sempre

Nel 1981 il grande novellista Edward Hoch, uno dei maggiori scrittori di racconti polizieschi del secolo scorso, convocò 17 tra i più importanti studiosi e scrittori di mystery con l'obiettivo, estremamente ambizioso, di stilare la classifica delle migliori locked room mai scritte. I nomi scelti da Hoch erano a dir poco altisonanti: tra questi Frederic Dannay, Howard Haycraft, Douglas G. Greene, Julian Symons, Jack Adrian, Bill Pronzini, Jacques Barzun, Otto Penzler, Francis Nevins e, ovviamente, il grande Robert Adey, che ci ha purtroppo lasciati all'inizio di questo gennaio.
Questi dovevano scegliere un massimo di dieci titoli in ordine di preferenza, e non potevano essere inseriti più di cinque testi per singolo autore.
La scelta di comporre una lista che sia anche una classifica, e non semplicemente una serie di titoli, rende il compito ancora più arduo e non esente da rischi. Ma Hoch lo sapeva, e per questo ha voluto contattare studiosi di grande appeal e conoscenza. Sorprende, e questo lo hanno fatto notare in molti, la mancanza di critici non anglosassoni, e ciò ha come conseguenza principale la quasi totale esclusione di testi francesi, l'unica nazione che qualitativamente può rivaleggiare con l'Inghilterra e gli Stati Uniti.
Da questo sublime conclave sono scaturiti 15 titoli, tutti di autori anglosassoni, con l'esclusione di Gaston Leroux (Il mistero della camera gialla, 1907), al terzo posto.
La classifica, secondo la mia personalissima opinione, ha dei difetti importanti, in primis strutturali (l'idea della classifica), ma anche dovuti ad un certo conflitto di interessi (Frederic Dannay è una delle metà Ellery Queen, Francis Nevins il massimo biografo dei Queen, mentre Greene lo è di Carr). Non mancano quindi i dubbi sulla scelta dei giurati (cosa ci fa Symons che non ha mai particolarmente amato questo tipo di romanzi?) e anche sui titoli. Essi riflettono perfettamente il pensiero e le opinioni di quel periodo, con i suoi pregi e difetti. Vediamoli, giudicandoli sulla base dei parametri e dei criteri contemporanei, alla luce delle nuove classifiche stilate da altri autorevoli studiosi (Lacourbe, Adey stesso, ed altri).
1 The Hollow Man (John Dickson Carr, 1935)

Tradotto in italiano come Le tre bare, è il punto di riferimento fondamentale per chiunque si avvicini alle camere chiuse, ma più in generale al mystery Golden Age. La maggior parte dei critici contemporanei, quando trattano questo romanzo (penso a Michael Cook, nel 2011), riferisce il fatto che sia unanimemente considerato il miglior locked room mystery di sempre. La vittoria in questa classifica fu infatti schiacciante, e il romanzo è di per sé il paradigma del genere, e la sua apoteosi. 
Riflette tutto il genio del più grande mystery writer del Novecento, che modifica un gioco di prestigio osservato nello show Maskelyne Mysteries aggiungendo una variante tratta dal libro Secrets of Houdini
Doveva intitolarsi Vampire Tower e vedere il ritorno di Henri Bencolin dopo 3 anni di assenza, ma le cose andarono diversamente. Carr gettò via ciò che aveva scritto, inserì il Dr. Fell e ne uscì uno dei più mirabolanti, geniali, machiavellici capolavori che questo genere letterario ci abbia mai consegnato. Io credo che le camere chiuse si dividano in due categorie: gli enigmi cervellotici risolti in maniera cervellotica, e quelli ugualmente complessi ma risolti in modo semplice. Questo appartiene alla prima categoria.
È la più grande camera chiusa di sempre? Si può discutere, ma di certo non è il capolavoro assoluto di Carr. E ciò chiarisce per quale motivo nessuno sarà mai come lui.

2 Rim of the Pit (Hake Talbot, 1944)

Da quando è stato riscoperto, nel 1985 da Douglas Greene, il nome di Hake Talbot non ha mai smesso di essere celebrato come geniale costruttore di enigmi, di atmosfere e di camere chiuse. Ci sarebbe molto da parlare su di lui, ma mi limiterò a dire che tutti gli studiosi sono concordi nel ritenerlo un maestro assoluto. Il suo corpus (fatto di due racconti e due romanzi scritti tra il 1940 e il 1948) sfrutta la camera chiusa nei modi più sfaccettati, applicando le enormi conoscenze che l'autore aveva in fatto di magia e prestidigitazione (è stato insegnante teatrale e mago professionista). 
I suoi testi sono un continuo accumulo di impossibilità che non di rado finiscono per creare un surplus di sovrannaturale, facendo sì che il lettore smetta di credere troppo presto alle sue illusioni. A differenza di Carr quindi, Talbot, nonostante ricorra spesso alle atmosfere fantastiche, non è uno scrittore "fantastico". 
Io non sono un suo grande fan, e tantomeno lo sono di Rim of the Pit, un romanzo zoppicante, troppo ambizioso, a tratti asettico, che non rende giustizia all'impalcatura preparata nel plot. Il risultato è altalenante, e secondo me incredibilmente sopravvalutato. Uno dei primi recensori di Talbot fu Carr, che sulle colonne dell'Harper's Magazine nel 1965 scrisse «explanations seem little thin» ma conclude dicendo «don't argue with it, read it».
Imparagonabile al precedente The Hangman's Handyman (1942, Terrore nell'isola), non presente in questa classifica ma molto più riuscito. Le 5 stelle date da Lacourbe nel recente 1001 Chambres Closes ad entrambi i romanzi, e la loro presenza in tutte le classifiche, smentisce categoricamente le mie umili affermazioni.

3 Le Mystère de le chambre jaune (Gaston Leroux, 1907)

Il mistero della camera gialla, unico romanzo francese in lista, compare al terzo posto. È un capolavoro, un testo fondamentale anche se di chiara tradizione zangwilliana. Difficile dire se sia o meno da terzo posto; probabilmente no, perché qualitativamente ci sono moltissimi testi superiori, ma le problematiche delle classifiche sono proprio queste: si privilegia la qualità, l'innovatività, o qualcos'altro?

4 - The Crooked Hinge (John Dickson Carr, 1938)

L'automa, il romanzo che stregò il giovane Robert Bruce Montgomery e lo convinse a scrivere polizieschi sotto lo pseudonimo di Edmund Crispin. Un testo per alcuni versi ambiguo (una soluzione azzardata) ma scritto, concepito e realizzato superbamente. Mescola stregoneria, magia, Titanic e tanto altro in un miscela ancora oggi insuperata. Secondo molti il capolavoro di Carr. Secondo me no, ma vederlo dietro Leroux e Talbot è un insulto.


5 The Judas Window (John Dickson Carr, 1938)

Se The Hollow Man è l'emblema dell'impossibile risolto in modo complesso e tortuoso, The Judas Window rappresenta l'esempio opposto. Ci sono due uomini in una stanza ermeticamente chiusa: uno è vivo ma stordito, l'altro è morto per colpa di una freccia scoccata da una balestra. Ah, quello vivo non è l'assassino.
Semplicemente la più sublime camera chiusa mai scritta, e della stessa opinione sono Douglas Greene e Robert Adey. 
Invidio tutti coloro che non hanno mai letto questo testo, davvero. Disarmante manifestazione di genialità, e di una perfezione narrativa unica. Inspiegabile vederlo al quinto posto. Messaggio per tutti coloro che considerano i testi della Golden Age "semplici puzzle" o roba da cruciverba. Leggete questo, e andrete a prendere i vostri Deaver, Patterson o Nesbo dalla libreria per attizzare un po' di fuoco, ideale con questo freddo.

6 The Big Bow Mystery (Israel Zangwill, 1891)

C'è la sesta piazza per questo romanzo che dal punto di vista dell'enigma è sopraffino, oltre che profondamente in anticipo sui tempi e innovativo. Certo, se parliamo di "letteratura" non ci siamo proprio, ma la tradizione del locked room mystery come conosciuto oggi si deve a questo romanzo, e alla sua geniale soluzione finale.

7 Death From a Top Hat (Clayton Rawson, 1938)

La quintessenza dell'illusionismo puro applicato al mystery: pur non essendo un grande costruttore di atmosfere, nessuno è secondo a Rawson nel creare enigmi cervellotici, in cui si muovono prestigiatori (come l'investigatore, Merlini), scassinatori, medium, lettori del pensiero e giocatori di carte. Questo romanzo è un autentico fuoco pirotecnico dalla prima all'ultima pagina, pieno di trovate geniali, false piste, spiegazioni contorte ma sorprendenti e colpi di scena. Meriterebbe una posizione più alta, perché pochi testi nella storia del poliziesco possono rivaleggiare dal punto di vista tecnico col grande Clayton, non a caso mago e prestigiatore di prim'ordine. 

8 The Chinese Orange Mystery (Ellery Queen, 1934)

Difficile capire la presenza di questo Delitto alla rovescia, uno dei più controversi e ambigui polizieschi della Golden Age. Sia chiaro, per me resta un testo di altissimo livello, con uno degli intrecci più affascinanti che questo genere abbia mai partorito (una stanza dove l'intero arredamento è rovesciato, e dove anche il cadavere ha i propri vestiti completamente alla rovescia). Ma ci sono vari problemi: secondo alcuni non è una camera chiusa tout court, e sicuramente la spiegazione finale appare forzata. Ma soprattutto il romanzo del 1937 The Door Between (La porta chiusa) gli è infinitamente superiore sotto ogni punto di vista, ma nella classifica non appare. Perché?

9 Nine Times Nine (Anthony Boucher, 1940)

Romanzo stupendo: divertente, scorrevolissimo, di rara piacevolezza, e la camera chiusa è eccellente. C'è anche una conferenza sulle camere chiuse che fa la parodia di quella di Carr ne Le tre bare che è davvero una delizia. Ma essere nella top15 mi sembra eccessivo.

10 The Peacock Feather Murders (John Dickson Carr, 1937)

Il mistero delle penne di pavone. Per chi è appassionato di delitti impossibili basta il titolo di questo capolavoro. Il problema di stilare una classifica e inserire il Maestro è proprio questo: o tutto si riduce a una top15 Carr oppure si commetteranno irrimediabilmente degli errori. Vederlo in questa classifica certamente non è un errore.

11 The King is Dead (Ellery Queen, 1952)

La presenza di questo romanzo è ai miei occhi inaccettabile. Incomprensibile davvero, perché l'enigma proposto è nulla più che buono, e il valore letterario complessivo non raggiunge certo le vette scalate dal duo Dannay-Lee. L'unico di questa top15 che toglierei al 100%.

12 Through a Glass Darkly (Helen McCloy, 1950)

È un capolavoro? Assolutamente si. Ipnotico, malefico, ingegnoso e appassionante. È una camera chiusa? Ne dubito. Ma tutti la considerano tale, perciò chino il capo.

13 He Wouldn't Kill Patience (John Dickson Carr, 1944)

Ancora Carr, e ancora un capolavoro. Ma rimangono fuori The Plague Court Murders, The Problem of the Green Capsule, e soprattutto (sacrilegio!) He Who Whispers

14 Too Many Magicians (Randall Garrett, 1967)
14 Invisible Green (John Sladek, 1977)

Finiscono a pari merito questi due romanzi così diversi ma così ugualmente brillanti e geniali. ll primo è talmente complesso, bizzarro e divertente che davvero mi spiacerebbe farne una recensione rapida (nelle sue caratteristiche è unico). Del secondo abbiamo parlato poco tempo fa, scritto da John Sladek nel 1977: parodico, auto-referenziale, pieno di citazioni, sprizza ingegnosità da ogni pagina. E in una top15, o questo o Black Aura (1974) non possono mancare.

Questa lista può far storcere il naso, soddisfare o no. Certamente la mancata presenza di gente come Vindry, Boileau, Boca o Lanteaume è imperdonabile, e lo stesso vale per Leo Bruce (A Case for Three Detectives, 1936), Alan Green (What a Body!, 1949),  Derek Smith (Whistle Up the Devil, 1953) e Alan Thomas (The Death of Laurence Vining, 1929).
I 15 romanzi in classifica sono stati tutti tradotti in Italia, anche se il romanzo di Rawson circola in una versione raccapricciante per quanto tagliata.
Che siate soddisfatti o meno, vi auguro buon divertimento col più splendido gioco del mondo! 

lunedì 2 marzo 2015

By an Unknown Hand (1972) - John Sladek

John Sladek è stato forse l'ultimo grande maestro del locked room mystery in lingua anglosassone. Nato nel 1937 nell'Iowa, fu prima di tutto un noto scrittore di fantascienza con lo pseudonimo di Thomas M. Disch, e si legò al movimento New Wave. Già da questo si possono intuire le caratteristiche dello Sladek scrittore: bizzarro, visionario e geniale. Uno dei suoi racconti più famosi è Alien Territory (1968), «un dichiarato esperimento new wave di combinazione linguistica, dove il lettore può scegliere tra trentasei frammenti di cinque righe ciascuno, e posizionarli per la lettura nel modo a lui più gradito» (Luca Conti). 
La sua conversione al poliziesco avvenne nel 1972. Da acuto lettore il modello non poteva che essere quello del grande John Dickson Carr, con il quale condivideva le origini americane e il lungo tempo passato in Inghilterra, oltre alla passione per l'incongruo, il fantastico e l'apparentemente irrazionale. Nel 1972 appunto, il Times bandì un concorso per il miglior racconto poliziesco inedito, The Times Detective Story Competition, e chiese ad Agatha Christie di presiedere alla giuria. 
Sladek vinse, anzi stravinse, meritandosi il giudizio entusiasta della Regina proprio con questo By an Unknown Hand, un breve ma geniale racconto in cui lo scrittore americano fa esordire il suo investigatore seriale, Thackeray Phin, il quale trova i casi su cui lavorare mediante annunci pubblicitari sui quotidiani e sfidando i lettori a sottoporgli i problemi più assurdi e irrazionali. Nutritosi sino al midollo dei grandi della Golden Age (Daly King, Van Dine, Queen, Carr, Rawson), Sladek inscena una camera chiusa straordinariamente semplice, e per questo estremamente intrigante: un bizzarro artista entra nel proprio appartamento tenuto sotto sorveglianza da Phin stesso, ma quando vi si accede poco tempo dopo l'uomo è stato ucciso, strangolato. Ma la stanza è impenetrabile, non ci sono finestre né altre porte tranne quella d'ingresso, continuamente tenuta sotto osservazione dall'investigatore. La spiegazione (peccato per un indizio astutissimo che poteva essere sfruttato leggermente meglio) è davvero superba nella sua semplicità. Sladek scrive meravigliosamente, il carattere autoreferenziale del racconto, pieno di citazioni e rimandi letterari, rende la lettura ancora più gustosa e piacevole:
«A man is killed inside a locked, watched room, he thought, adding a mental groan. The killer vanishes. The sleuth gives up and commits dishonourable suicide...or else is arrested for the crime. Sherlock Holmes wasn't going to be any help at all. Phil hurried home to read some locked-room mysteries. If Dr. Fell could not cure this devil case, then perhaps Father Brown could exorcize it». Splendido.

L'americano scriverà un'altra brevissima ma altrettanto frizzante camera chiusa (The Locked Room, 1972) e due romanzi che lo consegneranno alla storia di questo genere letterario (Black Aura, 1974 e Invisible Green, 1977). Se i due romanzi sono stati tradotti in Italia - ma andrebbero ristampati - questi due racconti non hanno avuto la stessa fortuna. Ed è un peccato, perché rappresentano alcuni tra i più felici prodotti della tarda Golden Age.