martedì 5 maggio 2015

La Maison qui Tue (1932) - Nöel Vindry

La Maison qui Tue è il primo romanzo scritto da Noel Vindry, forse il massimo esponente della Golden Age del romanzo poliziesco francese. L'opera, mai più ripubblicata dopo la prima edizione del 1932, è stata finalmente riproposta in lingua inglese, tradotta da John Pugmire per la sua eccellente casa editrice, Locked Room International, con il titolo The House that Kills. Curiosamente il romanzo è uno dei pochi di Vindry pubblicati anche in Italia: uscì nel 1948 con l'ottimo titolo La villa dei cipressi, edito dalla Società Editoriale Italiana di Milano, con la traduzione, credo assolutamente non integrale, di Jacopo Mannozzi. 
Io non sono uno dei fortunati che ha avuto la possibilità di avere tra le mani l'edizione italiana, oggi rarissima e praticamente introvabile, e ho letto esclusivamente la versione inglese, sulla quale posso essere certo per ciò che riguarda accuratezza e professionalità: la traduzione di Pugmire ben si adatta ad uno stile, quello di Vindry, piuttosto semplice, ma scorrevole e piacevolissimo.
Noel Vindry, oggi praticamente sconosciuto al di fuori dei confini francesi, è in realtà uno dei grandi mystery writers europei degli anni Trenta: tra il 1932 e il 1937 scrisse dodici camere chiuse tra le più eccitanti e virtuosistiche dell'epoca, e non a caso venne definito da Thomas Narcejac "poète du roman problém". Assieme a Pierre Boileau, nel loro saggio dedicato alla narrativa poliziesca, i due fecero riferimento a Vindry sottolineando il suo incredibile virtuosismo e la sua capacità di ideare i puzzle più stupefacenti, a discapito, spesso, di una certa freddezza nella prosa.
Parlando esclusivamente di plot, dunque, in pochi possono rivaleggiare con il francese sul piano dell'ingegnosità: nei suoi romanzi si snodano infatti continue situazioni impossibili, risolte sempre con logica stringente e sublime agilità intellettiva.
Vindry, nato a Lione nel 1896, divenne juge d'instruction dopo il 1915 in un bellissimo paesino della Provenza, lo stesso luogo in cui si muove il suo investigatore, una sorta di alter-ego e pura macchina pensante, Monsieur Allou.
Allou esordisce in questo ottimo romanzo scritto e pubblicato nel 1932, anno eccezionale nella storia del mystery, che contiene ben tre situazioni apparentemente inspiegabili: il primo è un classico delitto di camera chiusa, il secondo un assassinio compiuto di fronte ad una folla di testimoni e nel terzo, solo tentato, la vittima è proprio Allou, colpito da un colpo di pistola nel proprio appartamento chiuso dall'interno.
Vindry mette già parecchia carne al fuoco, e dimostra di conoscere benissimo i classici, da Leroux, che amava moltissimo e riteneva l'emblema degli scrittori polizieschi, a Zangwill: se il secondo delitto è sin troppo arzigogolato e richiede qualche coincidenza di troppo, il primo è risolto con grande astuzia, e rappresenta un'eccellente variazione delle camere chiuse che campeggiano ne Il grande mistero di Bow e ne Il mistero della camera gialla.
Con Vindry possiamo effettivamente notare le differenze, numerose, che intercorrono tra i francesi e gli anglosassoni: qui l'interesse è quasi esclusivamente nel plot, nelle falde magmatiche del rompicapo e nel modus operandi dell'assassino, la cui identità, come spesso accade, è piuttosto semplice da individuare. Non whodunit dunque, ma howdunit
La prima parte, dove si respira un'atmosfera inquietante, è la migliore del romanzo, ma anche la seconda risulta piacevole, perciò non sono troppo d'accordo con Fooz, Bourgeois e Soupart che sostengono, nel loro volume Chambres Closes, Crimes Impossibles (1997), come il ritmo cali vertiginosamente dopo l'attentato all'investigatore.
La Maison qui Tue, dunque, pur non arrivando a quelle memorabili vette tecniche che l'autore raggiungerà in La Bête Hurlante (1934) e in À Travers le Murailles (1936), è un ottimo romanzo d'esordio, assolutamente da non perdere. Chissà che le nostre case editrici, tra una porcheria e l'altra, non decidano anche di offrire della buona letteratura d'intrattenimento.

2 commenti:

  1. Grazie davvero per questo post su un libro che si discosta dalla tradizione UK/US. Anche se per leggerlo l'unica possibilità sarebbe un'edizione inglese, ironicamente.

    E complimenti per il blog in generale (come si dice: long time lurker, first time poster).

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    1. Ciao Cecilia, grazie per i complimenti e per aver lasciato un commento ;)
      Da noi purtroppo la narrativa poliziesca francese degli anni 30, con l'eccezione di Simenon, ha sempre fatto molta fatica e non ha mai ricevuto grande attenzione del pubblico. Ed è un peccato. Qualcosa fu pubblicato dalla Casa Editrice Pagotto negli anni 50 (Steeman, Boileau, Decrest, etc), ma i testi sono di difficile reperibilità, e le traduzioni di Aldo Albani mi sembrano un pochino scolastiche e troppo fredde. Due classici di Gaston Boca sono apparsi nelle palmine Mondadori degli anni 30, ma anche qui le traduzioni sono datate (anche se azzardo che il testo ci dovrebbe essere quasi tutto). Per il resto, poco altro: Vindry apparve in edizioni economiche negli anni 30 e 40 e poi calò l'oblio.
      Paradossalmente, ora sembrano più gli americani ad aver voglia di tradurre i francesi: Pugmire è il traduttore di Paul Halter, e ha l'obiettivo di proporre ancora nuovi Vindry, oltre a Boca e Herbert & Wyl (hanno gli stessi diritti d'autore).

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