mercoledì 1 aprile 2015

Il banchiere assassinato (Augusto De Angelis, 1935)

Una Milano sfuggente, avvolta dalla nebbia e coperta da una fastidiosa umidità apre questo romanzo scritto nel 1935 dal maggiore autore italiano di romanzi polizieschi del ventennio, Augusto De Angelis.
Fine letterato prestato alla narrativa gialla, De Angelis si approccia al genere con grande intelligenza ed acume, dimostrando ampie letture e un non comune eclettismo.
Milano è, sfortunatamente, un semplice sfondo per un romanzo giocato quasi esclusivamente in interni (in particolare quello di casa Aurigi, il luogo del delitto), dove si intrecciano le storie di diversi personaggi appartenenti a differenti ceti sociali (nobili decaduti, arricchiti che hanno distrutto il capitale, proletari). Le vicende ruotano attorno al delitto del banchiere Carlini, ucciso da un colpo di pistola all'interno dell'appartamento di Giannetto Aurigi, e al triangolo amoroso che unisce quest'ultimo, la fidanzata e un giovane ragazzo dal passato difficile.
Ad indagare c'è il Commissario De Vincenzi, qui alla sua prima apparizione, uomo di grande acume ma anche profondamente umano nella sua severità e austerità.
Tra echi genuinamente simenoniani (il prologo nella squallida Questura, con l'enfasi sulla caldaia, ricorda quello di Pietr il Lettone di Simenon), stoccate al modello poliziesco anglosassone (bastano poche pagine all'autore per schernire il metodo investigativo tutto "cellule grigie" dell'investigatore privato Harrington) e qualche dialogo enfatico di troppo, il romanzo si legge con piacere. E questo si deve soprattutto al talento narrativo dell'autore, che sorretto da una prosa quasi esclusivamente dialogica costruisce una vicenda umana e credibile.
Il romanzo somiglia molto a un dramma teatrale (parola che ricorre spesso nel testo), sia per la struttura narrativa che per l'ambientazione. L'intreccio poliziesco non entusiasma, ma è sufficiente per intrattenere e rendere piacevole la lettura. Il movente dell'assassino, tuttavia, convince poco.
Le vicende politiche sono lontane, fino all'ultima pagina, quando un rinvigorito Giannetto Aurigi si presenta dal suo salvatore De Vincenzi (erano vecchi amici e compagni di collegio) per annunciargli la partenza per l'Abissina. A De Vincenzi scappa una lacrima, ma di certo per l'addio dell'amico, non perché toccato da ideali patriottici.
Questo romanzo, pur lontano dalle migliori opere dell'autore, presenta più di un elemento d'interesse, e ci consegna un De Angelis intellettuale di spessore, curiosissimo e aperto. La sua attività di giornalista, diffusore del romanzo poliziesco in Italia e critico letterario (alcune sue pagine sono davvero illuminanti), sono sempre lì a testimoniarlo con forza.

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